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mercoledì 26 settembre 2012
giovedì 13 settembre 2012
Zuckerberg: uno sbaglio scommettere su HTML5
Zuckerberg: uno sbaglio scommettere su HTML5
Mark Zuckerberg annuncia l'intenzione di abbandonare HTML5 in favore del codice nativo e smentisce l'arrivo di un Facebook Phone.
Mark Zuckerberg ha rilasciato una lunga
intervista nel corso della conferenza TechCrunch Disrupt, parlando della
strategia attuale e futura di Facebook con particolare riferimento al
mercato mobile. L’azienda di Menlo Park investirà maggiori risorse nello
sviluppo di applicazioni native per smartphone e tablet, dato che puntare su HTML5 si è rivelato un errore. Produrre un Facebook Phone invece non avrebbe nessun senso.
Facebook ha raggiunto i 950 milioni di utenti, ma la maggioranza di essi si collega mediante un dispositivo mobile, un dato confermato anche dal raddoppio del numero di aggiornamenti di stato pubblicati da quando è stata rilasciata la nuova versione dell’applicazione per iOS. È chiara quindi l’intenzione di Zuckerberg di puntare al mercato mobile per incrementare i profitti derivanti dall’advertising. Deve però essere trovata una soluzione che soddisfi sia gli inserzionisti (lo schermo degli smartphone ha una dimensione ridotta) che gli utenti (nessuno vuole banner nel flusso delle notizie).
La futura strategia mobile prevede l’abbandono di HTML5.
Secondo Zuckerberg, scommettere su questo standard per lo sviluppo
delle applicazioni è stato uno sbaglio. L’app per iOS è stata realizzata
in codice nativo e lo stessa strada verrà seguita per la nuova versione
dell’app per Android. iOS 6, la prossima release del sistema operativo Apple che verrà annunciata stasera insieme all’iPhone 5, integrerà Facebook. Solo in questo modo potranno essere sfruttate tutte le capacità di uno smartphone.
Il CEO infine smentisce categoricamente le continue voci sull’arrivo di un Facebook Phone. L’azienda di Menlo Park non diventerà un produttore hardware, in quanto si tratterebbe di una scelta sbagliata. Se Facebook realizzasse uno smartphone, potrebbe raggiungere al massimo 10-15 milioni di persone. L’obiettivo è invece creare un sistema profondamente integrato con tutte le piattaforme.
Facebook ha raggiunto i 950 milioni di utenti, ma la maggioranza di essi si collega mediante un dispositivo mobile, un dato confermato anche dal raddoppio del numero di aggiornamenti di stato pubblicati da quando è stata rilasciata la nuova versione dell’applicazione per iOS. È chiara quindi l’intenzione di Zuckerberg di puntare al mercato mobile per incrementare i profitti derivanti dall’advertising. Deve però essere trovata una soluzione che soddisfi sia gli inserzionisti (lo schermo degli smartphone ha una dimensione ridotta) che gli utenti (nessuno vuole banner nel flusso delle notizie).
Il CEO infine smentisce categoricamente le continue voci sull’arrivo di un Facebook Phone. L’azienda di Menlo Park non diventerà un produttore hardware, in quanto si tratterebbe di una scelta sbagliata. Se Facebook realizzasse uno smartphone, potrebbe raggiungere al massimo 10-15 milioni di persone. L’obiettivo è invece creare un sistema profondamente integrato con tutte le piattaforme.
martedì 11 settembre 2012
Libera professione: contributi anche per le consulenze
Le attività strettamente connesse alle competenze professionali devono essere considerate “esercizio della professione” e quindi soggette a contribuzione: la sentenza della Cassazione.
Le consulenze dei liberi professionisti sono soggette a contribuzione
Anche per le consulenze e le altre attività che presentano un nesso con le prestazioni tipiche dei liberi professionisti iscritti negli appositi albi sono dovuti i contributi ai fini pensionistici: lo ha stabilito la sentenza 1.468 della Corte di Cassazione.
Il caso riguardava una consulenza come ingegnere libero
professionista, per la quale era in dubbio l’obbligo di pagamento alla
propria Cassa previdenziale dei contributi (soggettivo e integrativo) sui compensi, dichiarati come professionali ai fini IRPEF.
La Suprema Corte ha stabilito che in questi casi deve essere versato il contributo integrativo a favore delle Casse di previdenza
di riferimento, trattandosi di attività strettamente connesse allo
svolgimento della libera professione e realizzate grazie alle competenza
tecniche per le quali si è iscritti all’Ordine.
Esercizio della professione
Fondamentale, hanno sottolineato i giudici, è la corretta interpretazione della nozione di “esercizio della professione”:
per valutare se quelli percepiti dal libero professionista possono
essere qualificabili come redditi professionali e quindi soggetti a
contribuzione previdenziale, secondo il collegio di legittimità non
bisogna osservare solo quelle che sono le prestazioni riservate alla
propria categoria professionale secondo la previsione della relativa tariffa.
Nel concetto di “esercizio della professione” vanno incluse – oltre alle prestazioni tipicamente professionali – anche quelle che, «pur non professionalmente tipiche, presentino tuttavia un “nesso” con l’attività professionale strettamente intesa, in quanto richiedono le stesse competenze tecniche
di cui il professionista si avvale nell’esercizio dell’attività
professionale e nel cui svolgimento, quindi, mette a frutto (anche) la
specifica cultura che gli deriva dalla formazione tipo logicamente
propria della sua professione», si legge nella sentenza.
Fondamentalmente, perché la contribuzione sia dovuta, deve essere
riscontrabile un nesso tra l’attività per la quale si percepisce il
reddito e le conoscenze professionali, «ossia la base culturale
su cui l’attività stessa si fonda; e il limite di tale connessione e,
pertanto, del parametro di assoggettabilità, è l’estraneità stessa della
professione».
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