Riuscirà il marketing a inquinare i social media?
Un po’ come è successo con la televisione che, col passare dei
decenni, ha sacrificato sull’altare dell’audience ogni finalità
pedagogica o istruttiva per diventare un mero strumento commerciale.
A onor del vero secondo Shel Israel, collaboratore di Forbes, gli inizi del social media marketing furono promettenti:
le imprese compresero quanto potesse essere importante, e non solo sul
piano economico, ascoltare le persone e farle partecipare, sostituendo i
monologhi della pubblicità col dialogo della Rete.
La situazione, però, sembra degenerata: le imprese hanno
integrato all’interno della loro organizzazione i reparti che si
occupano di social media, normalizzandoli e attutendone la carica
creativa e innovativa.
Tutto viene misurato in termini di ROI: anche ciò che andrebbe
valutato secondo altri parametri come reputazione, fedeltà,
partecipazione.
In tutto questo troppe imprese preferiscono gridare piuttosto che
ascoltare; e adottano un approccio tronfio e unilaterale piuttosto che
umile, sincero e propenso al dialogo.
Timori eccessivi? Può darsi, anche perché quest’involuzione sarebbe
avvenuta negli ultimi sei mesi: pochi per giungere a conclusioni sicure.
A ogni modo è sempre utile ribadire la natura conversazionale del
marketing: ascoltare le persone, permettere loro di esprimersi,
coinvolgere attivamente gli utenti più esperti e intelligenti e magari
farli diventare parte della propria squadra.
L’immagine è tratta da qui.
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